Il Teatro Cressoni è uno storico teatro di Como, successivamente trasformato in cinematografo ed attualmente chiuso.


Nato su iniziativa di Annibale Cressoni, patriota, poeta e giornalista, l'edificio teatrale venne progettato da Pietro Luzzani. La volta della sala fu affrescata da Vincenzo De Bernardi, mentre le decorazioni interne erano di Luigi Borgomainerio. Giovanni Pessina, costumista e scenografo della Scala, dipinse le scene e il caratteristico velario, che rappresentava il vecchio porto di Como con diversi personaggi cittadini dell'epoca.

L'apertura del Teatro Cressoni (inizialmente chiamato semplicemente Teatro Nuovo) avvenne il 30 dicembre 1870 con la rappresentazione del dramma Il proscritto ma l'inaugurazione ufficiale ebbe luogo la sera del 4 marzo 1871, con Il trovatore. Sotto la direzione del maestro Eugenio Tagliabue cantarono Agnese Despuez, Luigia De Fanti, Giacomo Artoni, Nicolò Azzalini e Giacomo Sampieri.

Da allora furono messi in scena circa novanta spettacoli lirici. L'opera più rappresentata fu proprio Il trovatore, seguita dal Barbiere di Siviglia, Un ballo in maschera, Ernani, Rigoletto, Crispino e la comare, Linda di Chamounix, La sonnambula, Lucia di Lammermoor.

I più importanti spettacoli della storia del Teatro Cressoni furono certamente la Lucia di Lammermoor e il Barbiere di Siviglia del 1901, che videro come protagonista Luisa Tetrazzini, mentre l'ultima opera lirica rappresentata fu una Carmen interpretata da Maria Passeri, nel 1907.

Oltre alle migliori compagnie di operette, recitarono al Teatro Cressoni numerose compagnie drammatiche, come la Compagnia Milanese di Edoardo Ferravilla (con frequenza quasi annuale), la Compagnia Goldoniana di Giacinto Gallina, la Compagnia Comica Italiana Dina Galli, le compagnie di Giacinta Pezzana, di Italia Vitaliani, di Ermete Zacconi e di Ernesto Rossi.

Rivolta ad un pubblico più popolare rispetto a quello del Teatro Sociale, la programmazione del Teatro Cressoni - aperto quasi tutte le sere dell'anno - presentava proposte estremamente varie: perfino spettacoli di marionette, di lottatori, di nani, di prestigiatori. Al Cressoni avvenne anche la prima proiezione comasca, il 12 maggio 1897, del Reale Cinematografo Lumière.

Nel 1910 il Teatro fu chiuso, ristrutturato all'interno e riaperto al pubblico nel 1913, adattato a cinematografo. Conservò il nome di Cressoni fino all'inizio degli anni '30, quando venne ribattezzato Odeon.

Una trentina d'anni dopo, a seguito di  ulteriori trasformazioni, diventò Cinema Centrale, fino alla definitiva chiusura del 1997.

 

Se ho visto lontano è perché stavo sulle spalle dei Giganti   -   (Isaac Newton)

Esiste un presente perché è esistito un passato ed esisterà un futuro, ma spesso la Storia, la cui analisi è come un faro accesso nel buio, si ignora o si dimentica o, come anche purtroppo troppo spesso accade, taluni la riscrivono a proprio piacimento e convenienza. Tuttavia, fortunatamente, gli uomini, nel corso di ogni epoca, hanno sentito la vibrante esigenza di lasciare tracce indelebili del proprio tempo e del proprio operato: hanno, così, edificato monumenti, elevato cattedrali; hanno trasmesso cultura, arte, scienza e, anche attraverso l’uso dei simboli, la tradizione, a perenne memoria e testimonianza del passato e a beneficio delle generazioni future.

Con somma modestia, ma con il medesimo spirito illuminato Officine Immobiliari ha voluto proseguire nel tracciato intrapreso mille anni orsono dai Maestri Comacini, utilizzando i simboli a loro cari per glorificare un passato che ha tratto luce ed onore alla nostra amata città nel mondo.

I simboli sulla facciata di Palazzo Cressoni costituiscono, infatti, un tributo alla Storia di Como e un omaggio ai Maestri Magistri Comacini, i quali sono stati, direttamente e indirettamente, artefici di opere universalmente riconosciute come straordinarie e mirabili; le quali costituiscono un patrimonio artistico di rilevanza straordinaria che rende onore alla genialità, figlia del territorio comasco.

Quatremère de Quincy nel suo “Dizionario Storico dell’Architettura alla voce “Comacini” così scrive: “Chiamaronsi nel medioevo quelle compagnie di muratori che sulle vie dei Laghi di Como, Lugano e Maggiore, con usanza non ancora affatto interrotta, spargevano per l’Europa ad erigere edifici sia sacri che profani […] con il nome di Magistri Comacini erano onorati di speciali privilegi. A questi artefici che ideavano ed eseguivano architetti, scultori, musicisti e manovali si attribuisce il risorgimento dell’arte e la sua propagazione nei Paesi settentrionali”. Conoscitori dei precetti di Vitruvio, capaci di costruire “tanto l’abitazione di un privato quanto il castello di un principe” (Merzario), si rifacevano a modelli molto antichi che esprimevano nelle loro opere con piena coscienza di significato, mediante l’uso di simboli, i quali avevano non soltanto una funzione decorativa ma anche espressiva e rappresentativa di una realtà che superava la materialità, l’immanenza per riecheggiare nella trascendenza.

Rileva il Prof. Giuseppe Merzario in I Maestri Comacini, storia artistica di milleduecento anni” (Milano, 1893) che “hanno portato i segni della mano e della mente” dei Maestri Comacini le Chiese di Sant’Abbondio e di San Fedele in Como, chiese di primaria importanza sul piano archeologico, artistico ed architettonico.

Tuttavia, è noto come ritraggano il pensiero dei Maestri e la loro architettura, a titolo di esempio, chiese come San Michele Maggiore a Pavia, San Zenone a Verona, parte della Basilica di Sant’Ambrogio a Milano ma anche le Cattedrali di Piacenza, Ferrara, nonché i Battisteri di Pisa e Parma e, in Europa, le cattedrali di Rouen, Spira, Zurigo e la celebre Cattedrale di Chartes.

Il Principale segno distintivo della corporazione dei comacini fu il compasso abbinato alla squadra che possiamo trovare su vari edifici del nord Italia (cfr. Merzario). Squadra e compasso rappresentano, infatti, tradizionalmente strumenti di precisione, soprattutto nell’arte della lavorazione della pietra, con cui i Maestri avevano un contatto inteso, stretto e profondo. Quando il compasso non compare nella simbologia direttamente è quasi sempre presente il cerchio, figura geometrica che non ha inizio e fine, il cui raggio è costante in ogni punto della circonferenza. Il cerchio, d’altra parte, è tra le figure simboliche più antiche rappresentate dall’Uomo, in ogni luogo della terra.

I Maestri Comacini furono fortemente influenzati dal mondo celtico. Dei Celti, essi richiamarono i simboli più diffusi: il cerchio, in particolare, espressione della Vita e della perfezione.

I Celti seguivano il moto apparente del Sole. L’Astro rivestiva infatti un ruolo fondamentale nel calcolo delle date e delle festività. La popolazione celtica tendeva a svolgere la propria vita in armonia con il cielo e interpretava detto “moto” solare secondo tre momenti centrali che costituivano dei punti fissi: l’alba, lo zenith e il tramonto. La simbologia ternaria, presso i Celti, era richiamata evidentemente dal c.d. “triskell” o “triscele”, simbolo antichissimo che si ritrova sulle prue delle Navi del Nord, così come in molteplici Templi e manufatti, generalmente raffigurato con tre gambe o tre spirali, o, comunque, con segmenti orientati con una rotazione destrorsa intorno ad un asse centrale, come a formare una spirale, espressione dei cicli della vita e delle stagioni. I Celti utilizzavano, oltre all’accostamento di una serie di tre cerchi che origina il triscele, la figura del triangolo. Quest’ultima figura geometrica era ritenuta fondamentale per i Magistri Comacini: dalle forme del triangolo, come del quadrato, essi ricavano infatti strutture, concetti e insegnamenti complessi che venivano utilizzati nella loro opera edificatoria.

Diffusi nel simbolismo dei Maestri Comacini erano anche i nodi (es. le colonne annodate o il nodo del c.d. “fiore della vita”) proprio per rappresentare il forte legame che l’uomo ha con il passato, con la terra, con le svariate forme di vita e con il Divino. La suddetta interdipendenza veniva rappresentata anche attraverso il c.d. “Nodo Celtico” o Triquerta. Quest’ultima, espressione di una connessione su piani diversi, richiamata dai Maestri Comacini, rappresenta il concetto della Trinità, intesa come triplice manifestazione di un’entità unica.

Quando passeggerete su via Diaz e passerete sotto Palazzo Cressoni, alzate gli occhi ed osservate i simboli antichi posti sulla sua rinnovata facciata: Le origini dei suoi simboli si perdono nella notte dei tempi. L’esperienza che vivrete  sarà come compiere un lungo e affascinante viaggio che ci suggerisce di alzare sempre gli occhi al cielo e notare come, utilizzando le parole di Charles Baudelaire: “La Natura è un tempio in cui viventi colonne lasciano talvolta sfuggire confuse parole; l’uomo vi passa, attraverso foreste di simboli, che lo guardano con sguardi familiari”.

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