TROVANO UN TESORO DI MILLE MONETE D'ORO, IL MAXI-PREMIO DOPO LA BATTAGLIA COL MINISTERO: «LA METÀ AGLI SCOPRITORI». VALE 4 MILIONI (MA POTREBBE ARRIVARE A 11)

Un tesoro costituito da mille monete d'oro di epoca romana in un'anfora. Valore stimato, quattro milioni di euro. È il cosiddetto "Tesoro di Como", scoperto nel 2018 a circa un metro di profondità, durante lo scavo sull'area di un ex cinema e, prima, ex convento, per la realizzazione di una palazzina in via Diaz da parte di Officine Immobiliari, proprietaria dell'area. A oltre cinque anni dal ritrovamento, una sentenza del Consiglio di Stato ha stabilito che la maxiricompensa per gli scopritori delle monete perfettamente conservate, probabilmente del IV secolo d.C. o di prima epoca bizantina, è del 50% del valore stimato del tesoro.
La ricompensa
Il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione del Tribunale amministrativo riguardo al premio da corrispondere all'azienda. Inizialmente, il Ministero aveva stabilito che la somma da accreditare all'azienda, considerata proprietaria dell'area ma non scopritrice dei reperti, fosse di 369.041,36 euro, ovvero il 9,25% del valore stimato del tesoro che ammontava a circa 4 milioni di euro. Officine Immobiliari aveva fatto ricorso, chiedendo il 25% del valore - come previsto dal Codice dei Beni culturali - e un altro 25% in quanto anche scopritori materiali delle monete. Ricorso oggi accolto, anche se resta aperto il contenzioso sulla somma da riconoscere. Secondo la stima del ministero, il valore del tesoro di Como è di 3,9 milioni di euro: a Officine Immbobiliari ne spetta la metà, quindi 2 milioni di euro. Ma l'importo potrebbe persino aumentare: «C’è in corso un procedimento di arbitraggio in cui un perito nominato dalle parti o, in caso di disaccordo, dal presidente del Tribunale attribuirà il giusto valore alle monete - spiega Oliver Pucillo Furer, avvocato, legale rappresentante di Officine Immobiliari al Corriere della Sera - Per noi è compreso in una forbice tra 9 e 11 milioni di euro».
La decisione
Il Tribunale amministrativo aveva respinto la richiesta della società, sostenendo che la paternità del ritrovamento non fosse chiara. Il Consiglio di Stato ha però ribaltato il provvedimento: «Riconosciuto che le attività di scavo erano state svolte direttamente dalla proprietaria, seppur attraverso la materiale esecuzione da parte di soggetti e macchinari incaricati, il conseguente ritrovamento non può che imputarsi direttamente alla stessa società, titolare del bene e delle attività in essere».

Il Gazzettino 1 febbraio 2024

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