TESORO DI COMO, LA LITE CONTINUA E LE MONETE NON VENGONO ESPOSTE
A sei anni dalla preziosa scoperta continua il contenzioso tra Ministero dei Beni Culturali e Officine Immobiliari
Sono trascorsi sei anni dalla scoperta del cosiddetto tesoro di Como, ma ad oggi il contenzioso tra Ministero dei Beni Culturali e Officine Immobiliari non è finito. Al momento, poi, non è stato individuato ancora un luogo idoneo per cui nessuno può ammirare una delle scoperte archeologiche più importanti degli ultimi decenni.
Era il 5 settembre 2018 quando nel compendio immobiliare dell'ex Teatro Cressoni, acquistato dalla società Officine Immobiliari, viene rinvenuta durante gli scavi una brocca in pietra ollare contenente esattamente mille monete d'oro. Una scoperta sensazionale, secondo gli esperti, in quanto tra quelle mille ci sono esemplari "degli imperatori Onorio, Valentiniano III, Leone Primo, Artemio e Lidio Severo" in perfette condizioni.
Il recupero del reperto avviene con la massima cura e collaborazione da parte di Officine Immobiliari che aveva avvertito in via preventiva la Soprintendenza in quanto l'area era ''a rischio archeologico''. Il Ministero conferma la situazione e impone che "tutte le opere di scavo dovranno avvenire con controllo di operatore archeologico".
Vengono ritrovati diversi reperti, ma le monete sono la scoperta più importante. Il Ministero quantifica il loro valore in circa 4 milioni di euro. Cifra che per legge deve essere data per il 25% allo scopritore e per il 25% al proprietario, in base alla collaborazione prestata dal cittadino nel far ritrovare il bene. Ma le due parti non si accordano sul valore delle monete. Secondo i periti di Officine Immobiliari, infatti, valgono molto di più, ovvero tra i 9 e gli 11 milioni.
Oggi, dopo sei anni, il valore stabilito dal Ministero ammonta a circa 4,6 milioni ma - spiega l'avvocato e socio di Officine Immobiliari, Oliver Pucillo Furer - ''Il Ministero si ostina a non comunicare come l'applicazione dei criteri di stima abbia fatto attribuire ai mille soldi d'oro tale valore, mentre noi abbiamo sempre riportato al ministero i criteri con cui i nostri periti abbiano determinato il valore delle monete.
In questi anni abbiamo tentato decine e decine di volte una collaborazione con le istituzioni, trovandoci però sempre di fronte a un atteggiamento di chiusura''.
Come riconosciuto dal Ministero, la società ha prestato massima collaborazione per i lavori di scavo e recupero del bene, confermando quindi che le spetterebbe il 25% del valore. Ma in applicazione di una circolare obsoleta, il Ministero ha poi fatto sapere che a Officine Immobiliare spetta il 9,5% del valore stabilito, ovvero un premio di 369 mila euro. Cifra che effettivamente viene offerta alla società, che però risponde spiegando che ''a quella somma era stata applicata persino la ritenuta d'acconto, come accade quando si vince al Lotto. Inoltre, non veniva riconosciuta la nostra collaborazione e le spese sostenute da noi per gli scavi. Così abbiamo fatto ricorso prima al Tar e poi al Consiglio di Stato che invece ci ha dato ragione''. Il Consiglio di Stato, come aveva raccontato Repubblica, sancisce che alla società spetta il 50% del premio, ovvero il 25% in quanto proprietari del terreno più il 25% in quanto scopritori. La sentenza afferma poi che non è possibile applicare al premio la ritenuta e, soprattutto, che Officine Immobiliare ha il diritto di partecipare al procedimento di quantificazione del premio.
''Dopo la sentenza del Consiglio di Stato - spiega l'avvocato Pucillo Furer -abbiamo ripreso contatto col Ministero per riavviare quella attività di collaborazione e cercare di quantificare insieme un importo corretto.
Prima c'è stata un'apertura con la partecipazione del nostro consulente Sergio Lazzarini, avvocato e professore di Antichistica, poi più nulla. Soprattutto dopo che abbiamo fatto analizzare le monete dalla Numismatica Ars Classica di Londra, una delle case d'asta più importanti al mondo, secondo cui il loro valore va dai 9 agli 11 milioni di euro. L'ultima quotazione proposta dal Ministero, senza rendere noti i criteri, è di circa 4 milioni e 600 mila euro. Di questa cifra, al momento, abbiamo ricevuto solo il 20% del valore riconosciuto. Ovvero un acconto di 73mila euro su una cifra di 369 mila euro. Li abbiamo invitati a darci quanto meno il resto di quello che ci spetta, circa 295 mila euro, ma nulla''.
La società immobiliare in questi anni, per la ricerca e per tutte le procedure di recupero, ha speso oltre mezzo milione di euro. ''Anche se ci dovessero dare tutti i 396 mila euro, saremmo comunque in perdita. Eppure il valore del tesoro è sotto gli occhi di tutti.
Basti pensare che 10 delle mille monete hanno un pregio eccezionale, valutato dai nostri periti circa 4-500 mila euro l'una. E ciò che ci ferisce di più è che oltre ad essere passati sei anni così senza arrivare a una soluzione, nessun cittadino italiano abbia potuto ammirare questo tesoro in una mostra''.
LA REPUBBLICA 31 gennaio 2024