IL MAGO DELLA REGGIA DI CASERTA. "MONETE, UN MANAGER O RISCHIO FLOP"

Il caso. Felicori: "Per far fruttare il tesoro servono comunicazione e marketing, non archeologi". "Esistono professionalità specifiche ma noi continuiamo a gestire malissimo i beni culturali"

Abbiamo 295 monete d'oro risalenti all'epoca romana, benissimo. Un colpo di fortuna, non ritrovamento "epocale" come hanno scandito gli esperti e lo stesso ministro dei Beni Culturali. Ma adesso? Detto che la "pentola" ritrovata sotto il Cressoni, in via Diaz, può riservare ancora molte sorprese (gli archeologici sono al lavoro per catalogare e studiare tutto, moneta per moneta), sarà il caso di iniziare a ragionare su come gestire un simile patrimonio. Dev'essere un valore aggiunto per la città, sul punto sono tutti d'accordo, eppure riuscire a far fruttare il tesoro non è impresa scontata. E allora, visto che da queste parti stiamo siamo specializzati nel maltrattare e nascondere qualche la natura e la storia ci ha lasciato (dal Lago alla basilica di Sant'Abbondio, giusto per fare un paio di esempi), è un monito quanto mai da tener presente quello che arriva dal direttore generale della Reggia di Caserta, Mauro Felicori. Finito alla ribalta delle cronache per aver licenziato alcuni dipendenti assenteisti, Felicori ha anche avuto il merito di rilanciare il gioiello della Campania, con un approccio moderno e spesso in contrasto con le linee dei suoi colleghi.

"Tanti dicono che i beni culturali sono il petrolio dell'Italia, ma altro che i petrolio: qui si trovano le monete d'oro - scherza - Battute a parte, il punto centrale di fronte ha un ritrovamento del genere è ragiornare partendo da un concetto chiave: bisogna accettare che la comunicazione oggi riveste un ruolo fondamentale"

Cambiare mentalità

"Purtroppo - nota - sono ancora in pochi a pensarla così, ma è un rischio, perché con un approccio elitario non si va da nessuna parte, nemmeno con 300 monete d'oro di 1500 anni fa. Si guardano solo le pubblicazioni accademiche, è una posizione anti-democratica e ancora prevalente, mentre si continuano a sottovalutare parole come comunicazione, managerialità, marketing. Vengono viste come bestemmie in campo culturale, invece sono parole sante".

"Esistono professionalità specifiche - riprende il direttore - e dovete metterle in campo, se volete vicinare tante persone a questo tesoro".

La ricetta per Como

"Mancano simili figure negli enti pubblici? Certo - dice Felicori - perché si è sempre guardato con disprezzo al marketing dei beni culturali e nessuno si è mai dotato di professionisti. Se guardiamo i 20 direttori dei musei storici italiani, sono tutti critici o archeologi, tranne il sottoscritto. E il fatto che in un bando venga richiesta anche una competenza manageriale risulta quasi un affronto. Gli archeologi e i critici d'arte facciano il loro, per gestire un museo o un bene come possono essere le monete trovate a Como servono altre competenze".

La Provincia 12 settembre 2018

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